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La riforma dei contratti di trasporto e spedizione

Data: 6 aprile 2022

Introduzione

Il 14 gennaio 2022 è entrata in vigore la riforma del Codice Civile in materia di contratti di trasporto e spedizione. La riforma è stata introdotta dall’art. 30-bis del D.L. 6 novembre 2021, n. 152 (recante, tra l’altro, disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), inserito dalla Legge 29 dicembre 2021, n. 233 in sede di conversione.

Le principali novità riguardano la limitazione della responsabilità del vettore per perdita o avaria delle cose trasportate di cui all’art. 1696 c.c., la definizione di “spedizioniere” e alcune delle obbligazioni tipiche del contratto di spedizione.

La responsabilità del vettore per perdita o avaria delle cose trasportate

Il primo tema affrontato dalla riforma riguarda il contratto di trasporto e in particolare la responsabilità risarcitoria del vettore in caso di perdita o avaria delle cose trasportate. 

Come noto, il 2° comma dell’art. 1696 c.c., introdotto dal D.Lgs. 286/2005 in materia di trasporto di merce su strada, limita il risarcimento dei danni dovuto dal vettore a 1 Euro per ogni chilogrammo di peso lordo di merce perduta o avariata in caso di trasporti nazionali terrestri, mentre, per i trasporti internazionali terrestri, rinvia all’importo di cui all’art. 23, comma 3, della Convenzione CMR (i.e. 8,33 DSP per ogni chilogrammo di peso lordo mancante). La riforma introduce un espresso riferimento anche ai trasporti aerei, marittimi, fluviali e ferroviari, richiamando, per tali trasporti, i limiti di risarcimento previsti dalle convenzioni internazionali e dalle leggi nazionali applicabili, sempre che ricorrano i presupposti ivi previsti per il sorgere della responsabilità del vettore.

La più significativa novità rispetto all’art. 1696 c.c. è l’introduzione di un 3° comma che riconosce espressamente il trasporto multimodale, per il quale viene del pari previsto un limite alla responsabilità risarcitoria del vettore. La clausola prevede, infatti, che, nel caso in cui il trasporto sia effettuato per il tramite di più mezzi vettoriali di natura diversa e non sia possibile distinguere in quale fase del trasporto si sia verificato il danno, il risarcimento dovuto dal vettore non può in ogni caso essere superiore a 1 Euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali e a 3 Euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti internazionali. La precisa individuazione della responsabilità del vettore dovrebbe, quindi, agevolare il processo di risk assessment in materia di trasporti.

Resta invariata, in ogni caso, la previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 1696 c.c., secondo cui il vettore non può mai avvalersi delle limitazioni di responsabilità previste dalla norma in esame in caso di dolo o colpa grave.

Recependo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, il legislatore ha inoltre modificato l’art. 1741 c.c., estendendo anche allo spedizioniere-vettore la disciplina della limitazione della responsabilità risarcitoria di cui all’art. 1696 c.c., in passato prevista per il solo vettore, eliminando, quindi, i dubbi interpretativi sul regime di responsabilità applicabile allo spedizioniere che svolga anche il ruolo di vettore.

Il contratto di spedizione: i rapporti tra mittente e spedizioniere

La riforma ha, poi, interessato in maniera significativa il contratto di spedizione. 

All’art. 1737 c.c. è stato, innanzitutto, specificato che il contratto di spedizione è un mandato con il quale lo spedizioniere può assumere l'obbligo di concludere contratti di trasporto non solo in nome proprio e per conto del mandante, ma anche, se dotato di poteri di rappresentanza, in nome e per conto del mandante. Coerentemente con la natura di mandato del contratto di spedizione, nell’art. 1739 c.c. la controparte contrattuale dello spedizioniere è ora definita come “mandante” e non più come “committente”. 

La nuova disposizione dovrebbe avere significativo impatto nell’ambito del contenzioso in tema di costi di demurrage e detention: concludendo contratti in nome e per conto del mandante, lo spedizioniere non dovrebbe, infatti, essere più legittimato passivo in caso di pretese dei vettori per inadempimento del mandante. 

Sempre l’art. 1737 c.c. specifica, inoltre, che lo spedizioniere può concludere più contratti di trasporto con uno o più vettori e compiere le operazioni accessorie: la nuova disposizione recepisce la prassi di settore, nella quale un contratto di spedizione è tendenzialmente concluso per la successiva stipula di più contratti di trasporto.

La riforma ha poi modificato l’art. 1739 c.c. per quanto concerne gli obblighi dello spedizioniere, abrogando, innanzitutto, il 3° comma, che prevedeva l’accredito al mandante, da parte dello spedizioniere, di premi, abbuoni e vantaggi di tariffa. Tale previsione era già derogata nella prassi dalle condizioni generali dei contratti di spedizione. In secondo luogo, sia l’obbligo dello spedizioniere di rispettare le istruzioni del mandante riguardo la scelta della via, del mezzo e delle modalità di trasporto, sia quello di perseguire il miglior interesse del mandante sono stati sostituiti dal solo obbligo di attenersi alle istruzioni del mandante. E’ stato, inoltre, abrogato l’obbligo dello spedizioniere di assicurare la merce gestita, salva espressa richiesta del mandante. 

Il diritto di ritenzione e il privilegio speciale dello spedizioniere

La riforma ha, infine, parzialmente modificato il 1° comma dell’art. 2761 c.c., estendendo espressamente anche ai crediti dipendenti dal contratto di spedizione e a quelli per le spese di imposta anticipate dallo spedizioniere il privilegio sulle cose spedite, finché rimangono presso di lui, che era previsto solo in favore del vettore. 

La riforma ha, inoltre, incluso nel medesimo 1° comma dell’articolo 2761 c.c. un principio già riconosciuto dalla giurisprudenza, secondo cui il vettore o lo spedizioniere possono esercitare tale privilegio anche su beni oggetto di un trasporto o di una spedizione diversi da quelli per cui è sorto il credito, purché tali trasporti o spedizioni costituiscano esecuzione di un unico contratto per prestazioni periodiche o continuative. 

L’omesso ritiro della merce a destino: le questioni rimaste aperte

Il legislatore ha respinto la proposta di riforma dell’art. 1740 c.c., che avrebbe, innanzitutto, esplicitato l’autonomia delle parti rispetto alla determinazione del corrispettivo dovuto allo spedizioniere, eliminando il riferimento ai tariffari professionali. 

La proposta di riforma prevedeva, inoltre, l’allocazione in capo al mandante del rischio dell’omesso ritiro delle merci a destino, rendendolo in ogni caso responsabile verso lo spedizioniere del pagamento del nolo e delle altre spese sostenute dallo spedizioniere per l’esecuzione del mandato, anche con riguardo ai costi derivanti dal fatto di parti terze, indipendentemente dai patti esistenti tra tali parti terze e il mandante. Il riformato art. 1740 c.c. avrebbe dovuto, infine, affermare il principio dell’irresponsabilità dello spedizioniere nei confronti del mandante per il caso di inadempimento di soggetti terzi, in primis i vettori, cui è affidata l’esecuzione del contratto di trasporto.

Restano, quindi, aperte alcune questioni relative alla responsabilità dello spedizioniere, soprattutto per quanto riguarda l’assunzione del rischio di condotte di terze parti. Una voce di costo sicuramente significativa è, infatti, quella del mantenimento delle merci giacenti a destino che non siano coperte dal mittente e su cui la riforma sarebbe intervenuta in maniera sicuramente favorevole allo spedizioniere. 

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