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La pandemia quale catalizzatore della recente riforma dello strumentario concorsuale: il Decreto Pagni (e relativo decreto attuativo)

Data: Ottobre 2021

Premessa

Ormai da oltre un anno e mezzo imperversa l’emergenza pandemica causata dal Covid-19, la quale - oltre ai noti problemi sanitari - sta mettendo a dura prova l’economia mondiale, già colpita da diverse crisi susseguitesi dal 2007 in poi. Per fronteggiare detta emergenza, a partire da marzo dello scorso anno, il Legislatore ha messo in campo una serie di strumenti straordinari, di natura legislativa e finanziaria, per dare sostegno alle imprese, scongiurare un’ondata di insolvenze e così evitare un danno irreversibile all’economia italiana. Tali strumenti erano, però, ‘a corta gittata’, non strutturali e non sufficienti a produrre effetti positivi sul lungo periodo, in un contesto in cui pare ormai chiaro che gli effetti della pandemia si produrranno su un arco di tempo più lungo di quello inizialmente immaginato.

Si aggiunga che la pandemia ha colpito proprio nel momento in cui una delle riforme legislative più profonde del sistema fallimentare italiano - il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (il “CCII”) - sarebbe dovuta entrare in vigore. Tanta novità mal si sarebbe sposata con l’attuale situazione emergenziale, per affrontare la quale all’evidenza è necessario, da un lato, poter contare su strumenti ben conosciuti e possibilmente migliorati e, dall’altro lato, su un’aumentata resilienza delle imprese nell’affrontare crisi legate alla contingenza e potenzialmente reversibili.

Per questa ragione, con il decreto legge 24 agosto 2021 n. 118, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 agosto 2021 n. 202 (il “Decreto” o il “Decreto Pagni”) - anche preso atto della necessità di adeguare il CCII alla direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (c.d. “Direttiva Insolvency”, da recepirsi entro il 16 luglio 2022) - oltre a prorogare ulteriormente l’entrata in vigore del CCII, il Legislatore, da un lato, (a) ha elaborato uno strumento paraconcorsuale - la procedura di «composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa» - più rapido e meno oneroso dell’allerta prevista dal CCII al fine di agevolare il risanamento di imprese la cui crisi non sia profonda e, dall’altro lato, (b) ha ulteriormente implementato gli strumenti concorsuali già noti e maggiormente utilizzati - l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo ed istituti connessi - al fine di rendere gli stessi più celeri ed efficienti e, quindi, in ultima analisi adatti alla mutata situazione di mercato.

Con la presente nota intendiamo fornire una panoramica delle suddette novità, con riferimento al contenuto del Decreto Pagni, ma anche del relativo decreto attuativo (il Decreto Dirigenziale del Dipartimento degli Affari di Giustizia del 27 settembre 2021 emesso ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del Decreto Pagni, il “Decreto Attuativo”) pubblicato non più di qualche giorno fa.

Il rinvio dell’entrata in vigore del CCII

L’articolo 1 del Decreto Pagni differisce l’entrata in vigore del CCII al 16 maggio 2022. Inoltre, le procedure d’allerta e di composizione assistita della crisi ideate per provocare l’emersione anticipata della crisi delle imprese, entreranno in vigore soltanto il 31 dicembre 2023.

Sul punto il Legislatore era già intervenuto con il D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40), prevedendo un primo rinvio dell’entrata in vigore del CCII di un anno, al 1° settembre 2021.

La nuova ‘Composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa’ (anche di gruppo)

Nell’attesa dell’entrata in vigore del CCII e della più strutturata procedura di allerta e composizione assistita ivi prevista, il Decreto Pagni mette a disposizione delle imprese un nuovo strumento stragiudiziale, di natura prevalentemente negoziale, meno oneroso e più rapido (almeno sulla carta) delle procedure classiche: la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

Sarà possibile ricorrere a tale strumento a partire dal 15 novembre 2021 e si tratterà di una sorta di ‘concordato stragiudiziale’, in cui l’imprenditore è affiancato da un esperto nominato dalla competente camera di commercio nelle trattative con il ceto creditorio, con l’obiettivo di reperire con quest’ultimo accordi che consentano il superamento dello stato di crisi.

Lo strumento è accessibile a imprenditori di qualsiasi dimensione, anche a quelli piccoli o, per meglio dire, ‘sotto soglia’ ovvero non assoggettabili a fallimento, con alcune variazioni (meglio descritte nell’Articolo 17 del Decreto Pagni) rese necessarie dalla dimensione ridotta dell’impresa. Da notare, inoltre, che il Decreto Pagni prevede anche una succinta disciplina dell’applicazione dello strumento in questione ai gruppi di imprese che si trovino in stato di crisi e che al termine delle trattative possono ricorrere ad una delle soluzioni identificate dal Decreto Pagni anche in via unitaria; degna di particolare nota in proposito è l’esclusione dell’applicazione degli artt. 2467 e 2497-quinquies del Codice Civile (che sanciscono la postergazione civilistica dei finanziamenti soci effettuati in situazione di squilibrio), a valle della presentazione dell’istanza per l’accesso alla procedura e in assenza di dissenso da parte dell’esperto che la procedura condurrà.

Nei successivi paragrafi si descriveranno i tratti salienti di tale nuovo strumento.

la piattaforma telematica nazionale per l’accesso alla composizione negoziata

Per gestire le formalità della procedura di composizione negoziata dalla crisi (tra cui, inter alia, il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto e l’inserimento delle informazioni e dei documenti necessari), nell’ambito di un più ampio progetto di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, il Decreto Pagni ha previsto l’istituzione di una piattaforma telematica nazionale accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese. Tale piattaforma offrirà una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, contenente indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità da parte dell’imprenditore e dei professionisti nominati.

Quanto ai contenuti offerti dalla predetta piattaforma, con il Decreto Attuativo, il Ministero di Giustizia ha:

  1. fissato i contenuti del suddetto test pratico per la valutazione preliminare della complessità del risanamento. Interessante notare che tale valutazione avviene osservando «il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi finanziari liberi che posssono essere posti annualmente al suo servizio» e che l’impresa è considerata «prospetticamente in equilibrio economico» se «presenta, a decorrere almeno dal secondo anno, flussi annui di cui a [B], superiori a zero e destinati a replicarsi nel tempo»;
  2. reso disponibile la suddetta lista di controllo (c.d. ‘check list’) necessaria per l’analisi di coerenza del piano. Tale check list include: (a) una descrizione dell’assetto organizzativo dell’impresa, (b) una rilevazione della situazione contabile ai fini della predisposizione di una situazione economico patrimoniale aggiornata, (c) una descrizione della crisi e un’individuazione delle strategie per porvi rimedio, (d) una proiezione dei flussi finanziari da poter porre a servizio del debito, (e) un confronto realistico tra debito e flussi finanziari ed infine (f) una riflessione sulle reciproce interdipendenze tra l’impresa ed il gruppo di cui questa fa parte;
  3. reso disponibile un protocollo per la conduzione della composizione negoziata e linee guida per una formazione unitaria di tutte le categorie professionali e managers che andranno a ricoprire la posizione di esperto (infra, par. 3C);
  4. reso disponibili indicazioni per negoziare con le varie parti potenzialmente interessate alla ristrutturazione (es. soci e altre società del gruppo, fornitori, strategici, locatori e concedenti, Agenzia dell’Entrate, INPS, banche e intermediari finanziari, clienti, lavoratori, etc.), un modello di istanza online per l’avvio della procedura di composizione e un modello di dichiarazione di accettazione della nomina dell’esperto.
il ruolo del collegio sindacale

In linea con i meccanismi d’allerta previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, l’articolo 15 del Decreto Pagni ha assegnato all’organo di controllo societario il compito di segnalare all’organo amministrativo, per iscritto, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di composizione negoziale della crisi.

Tale segnalazione dev’essere motivata e trasmessa con mezzi che assicurino la prova dell’avvenuta ricezione e deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l’organo amministrativo dovrà riferire in ordine alle iniziative intraprese.

Nelle more delle eventuali trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all’art. 2403 del Codice Civile; interessante notare che la tempestività della segnalazione all’organo amministrativo, unitamente alla vigilanza sull’andamento delle trattative, sono valutate ai fini dell’esonero o dell’attenuazione della responsabilità prevista in capo all’organo di controllo dall’art. 2407 del Codice Civile.

la nuova figura dell’esperto, l’istanza di nomina ed i rapporti con l’imprenditore

L’esperto riveste un ruolo fondamentale nel nuovo istituto della composizione negoziata della crisi. Questi, infatti, agevola le trattive tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento della situazione di squilibrio economico-finanziario o patrimoniale, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.

Gli esperti dovranno, inoltre, essere iscritti ad un apposito elenco, istituito presso la camera di commercio di ciascun capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano e saranno nominati da una commissione composta da tre membri, rispettivamente nominati dal presidente della sezione imprese del Tribunale, dal presidente della camera di commercio e dal Prefetto. Il Decreto Pagni fissa i requisiti di professionalità e indipendenza che l’esperto deve rivestire per ricoprire tale ruolo. L’esperto deve operare in modo professionale, riservato e imparziale e gode delle stesse guarentigie garantite dagli artt. 103 e 200 cod. proc. pen. agli avvocati nell’esercizio della difesa in procedimenti penali: non è tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità; il suo ufficio, la sua corrispondenza ed i suoi carteggi non possono essere sottoposti a perquisizioni e sequestri, se non a determinate condizioni; non può essere sottoposto ad intercettazioni ambientali, etc.

L’istanza di nomina dell’esperto è presentata dall’imprenditore tramite la piattaforma telematica, mediante la composizione di un modello, ivi disponibile, contente le informazioni utili ai fini della nomina e dello svolgimento dell’incarico. In particolare, al momento della presentazione dell’istanza, l’imprenditore dovrà allegare:

  1. i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l’ufficio del registro delle imprese, oppure, per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA riferite agli ultimi tre periodi di imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni precedenti l’inoltro dell’istanza;
  2. una relazione chiara e sintetica sull’effettiva attività esercitata con incluso dettagliato piano finanziario prospettico che analizzi i successivi sei mesi e, inoltre, indicazione delle iniziative strategiche che intende adottare;
  3. l’elenco dei creditori, con specifica dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell’eventuale presenza di diritti reali e personali di garanzia;
  4. una dichiarazione sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza;
  5. il certificato unico dei debiti tributari ai sensi dell’art. 364, comma 1, D.Lgs. n. 14;
  6. la situazione debitoria complessiva;
  7. il certificato dei debiti contributivi e dei premi assicurativi di cui all’art. 363, comma 1 del citato D.Lgs. oppure, se non disponibile, il documento unico di regolarità contributiva (DURC);
  8. un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi, non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.

Interessante notare che, con l’istanza di nomina dell’esperto, l’imprenditore può dichiarare che per tutta la durata della procedura di composizione negoziata, non si applicheranno nei suoi confronti né gli obblighi di ricapitalizzazione previsti dagli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter del Codice Civile, né la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, comma 1, n. 4), e 2545-duodecies del Codice Civile. Non vi è una necessità di conferma delle predette sospensioni da parte del Tribunale: basta una mera dichiarazione dell’imprenditore; e non paiono esservi neppure limiti temporali, nel senso che la norma non pare riferirsi alle sole perdite di capitale verificatesi nell’esercizio 2020.

Va altresì sottolineato che, a norma dell’Articolo 4, comma 6, del Decreto Pagni, le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato e che l’ accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.

L’esperto, una volta verificata la propria indipendenza e il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell’incarico, dovrà comunicare, entro due giorni lavorativi, l’accettazione dell’incarico o il diniego. Una volta accettato l’incarico, l’esperto dovrà convocare l’imprenditore al fine di valutare l’esistenza di concrete prospettive di risanamento e, se anche l’imprenditore ritiene che queste sussistano, incontrare le altre parti interessate al processo di risanamento, prospettando le possibili strategie di intervento e fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Il suo incarico si riterrà concluso qualora, decorsi 180 giorni dalla accettazione della nomina, le parti non abbiano individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata al superamento della situazione di squilibrio. Diversamente, quando tutte le parti lo richiedono e l’esperto acconsente o qualora la prosecuzione dell’incarico sia resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale, l’incarico può proseguire.

Nel corso della composizione negoziata l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, ma l’esperto non è sprovvisto di poteri atti ad influenzare la stessa. In particolare, tra l’altro, l’esperto:

  1. deve essere preventivamente informato dall’imprenditore dell’intenzione di compiere atti di straordinaria amministrazione o pagamenti non coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento. Quando l’atto è suscettibile di arrecare pregiudizio ai creditori o alla procedura di composizione, l’esperto è tenuto a segnalare tale circostanza per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo e, qualora l’imprenditore ignori tale segnalazione, l’esperto può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese e anche segnalare la situazione al Tribunale che abbia eventualmente concesso misure protettive e cautelari, al fine della revoca o limitazione di tali misure;
  2. può invitare le parti a rideterminare il contenuto dei contratti divenuti eccessivamente onerosi a causa dell’emergenza epidemica e le imprese partecipanti a un gruppo a partecipare alle negoziazioni e, in caso di mancato accordo tra le parti, fornire un parere al Tribunale;
  3. può controfirmare l’istanza con cui l’imprenditore richiede all’Agenzia delle Entrate un piano di rateizzazione delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito;
  4. può sottoscrivere, unitamente all’imprenditore e ai creditori, un accordo che produce i medesimi effetti del piano di risanamento previsto dall’art. 67, co. 3, lett. d) della Legge Fallimentare.

Al termine dell’incarico, comunque, l’esperto dovrà redigere una relazione finale: questa dovrà essere inserita nella piattaforma telematica, comunicata all’imprenditore e, nel caso in cui siano state concesse alcune delle misure protettive e cautelari (che verranno più approfonditamente analizzate in seguito), comunicata anche al giudice che le ha emesse, che ne dichiarerà poi cessati gli effetti. Interessante notare, infine, che ai sensi dell’articolo 16 del Dereto Pagni, il compenso dell’esperto - da calcolarsi in proporzione dell’attivo dell’impresa - non potrà in ogni caso superare gli Euro 400.000,00.

Le misure protettive

Coerentemente alla Direttiva Insolvency, il Legislatore ha previsto che l’imprenditore possa richiedere, a norma dell’Articolo 6 del Decreto, l’applicazione di misure protettive del patrimonio tramite l’istanza di nomina dell’esperto o con istanza successiva.

L’applicazione di tali misure dovrà essere richiesta al Tribunale con ricorso; ove occorra, l’imprenditore può anche chiedere l’adozione dei provvedimenti cautelari ritenuti necessari per condurre le trattative; il tutto secondo il rito cautelare uniforme disciplinato dagli artt. 669-bis ss. del Codice di Procedura Civile.

Unitamente al ricorso, dovrà essere depositata anche tutta la documentazione utile al giudice per valutare l’effettivo stato in cui si trovi l’impresa (tra cui, inter alia, i bilanci d’esercizio, una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata, un piano industriale e finanziario per i successivi 6 anni e l’elenco dei creditori).

Entro dieci giorni dal deposito del ricorso, il Tribunale fisserà con decreto un’udienza nella quale verranno sentite le parti, l’esperto ed eventuali terzi sui cui diritti le misure cautelari o protettive incidono e verranno compiuti eventuali atti di istruzione. Il procedimento si conclude con un’ordinanza, nella quale il giudice potrà revocare, modificare o confermare le misure protettive e gli eventuali provvedimenti cautelari richiesti e indicarne la durata, non inferiore a trenta e non superiore a centoventi giorni, fatta salva la possibilità di prorogarne o abbreviarne la durata in un  momento successivo. La durata complessiva delle misure non può comunque superare i 240 giorni.

L’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata sul registro delle imprese e, dalla data di pubblicazione, preclude ai creditori di acquisire nuovi diritti di prelazione, se non concordati con l’imprenditore, e di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

Coerentemente al fatto che il ricorso a tale strumento possa avvenire in un momento in cui l’imprenditore si trova ancora in bonis (c.d twilight zone), il Decreto non prevede alcuna inibizione dei pagamenti.

Infine, non potrà essere pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata e i creditori interessati dalle misure protettive non potranno rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore, per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori.

In linea con quanto previsto dalla menzionata Direttiva Insolvency e in continuità con il CCII, sono esclusi dal regime delle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.

Il ruolo del Tribunale

Nonostante la procedura di composizione negoziata della crisi, come detto, si caratterizzi per una riduzione al “minimo indispensabile” della presenza dell’Autorità giudiziaria, il Tribunale ricopre un importante ruolo durante lo svolgimento delle trattive tra le parti.

Oltre alle già menzionate funzioni di cui è incaricato durante il procedimento finalizzato all’ottenimento delle misure protettive e cautelari, l’articolo 10 del Decreto attribuisce al Tribunale il potere di concedere all’imprenditore, una volta verificatane la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e, in questo caso, alla migliore soddisfazione dei creditori, alcune ulteriori autorizzazioni, ossia:

  1. l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili;
  2. l’autorizzazione a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili;
  3. l’autorizzazione, a una o più società appartenenti ad un gruppo, a contrarre finanziamenti prededucibili;
  4. l’autorizzazione al trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, in deroga alle disposizioni del Codice Civile sulle responsabilità dell’acquirente per i relativi debiti.

Inoltre, a seguito di invito in tal senso rivolto dall’esperto alle parti, al quale non abbia fatto riscontro un accordo delle parti stesse sul punto, il Tribunale, su istanza dell’imprenditore, può rideterminare equamente le condizioni dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero i contratti ad esecuzione differita, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2, per il periodo strettamente necessario ad assicurare la continuità aziendale e prevedendo, qualora l’equilibrio tra le parti lo renda necessario, il pagamento di un indennizzo. Non è ammessa la rideterminazione delle prestazioni dei contratti di lavoro dipendente.

Inoltre, gli atti autorizzati dal Tribunale conservano i propri effetti anche se, successivamente, dovesse intervenire un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o una procedura concorsuale.

I possibili esiti delle trattative e le misure premiali

Quanto all’esito delle trattative, l’art. 11 del Decreto prevede tre possibili soluzioni.

Quale prima ipotesi, le parti che abbiano individuato una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio, potranno alternativamente:

  1. concludere un contratto con uno o più creditori che, secondo la relazione dell’esperto, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni, consentendo, inoltre, all’imprenditore di beneficiare di importanti misure premiali, tra cui la riduzione al tasso legale degli interessi che maturano sui debiti tributari e la riduzione delle sanzioni tributarie;
  2. concludere una convenzione di moratoria nelle modalità previste dalla Legge Fallimentare (di cui si tratterà più approfonditamente in seguito);
  3. concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti del piano attestato di risanamento, senza la necessità, tuttavia, di un’effettiva attestazione.

La seconda ipotesi riguarda la possibilità per l’imprenditore, al termine delle trattative, di domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti nelle forme previste dalla Legge Fallimentare (artt. 182-bis e seguenti).

La terza ipotesi riguarda la circostanza in cui le trattative non siano andate a buon fine tra le parti: in tal caso, l’imprenditore potrà:

  1. predisporre un piano attestato di risanamento ai sensi dell’art. 67, co. 3 della Legge Fallimentare;
  2. proporre una domanda di ‘concordato semplificato’ per la liquidazione del patrimonio, nelle forme previste dall’Articolo 18 del Decreto; il ‘concordato semplificato’ è una procedura concorsuale introdotta dal Decreto e consistente in un concordato preventivo che si giova del fatto che gran parte degli elementi tipici di quest’ultima procedura sono stati elaborati nel corso della fase di composizione negoziata;
  3. richiedere l’apertura di una delle procedure previste dalla Legge Fallimentare e dalla c.d “Prodi-bis” e “Marzano”.

Gli Articoli 12 e 14 del Decreto Pagni, infine, prevedono una serie di misure premiali per l’imprenditore che si avvalga della composizione negoziata, tra cui:

  1. la riduzione alla misura legale degli interessi che maturano sul debito tributario dell’imprenditore;
  2. la riduzione di determinate sanzioni tributarie e la possibilità di rateizzare sino a settantadue rate mensili le imposte sul reddito dovute e non versate;
  3. la conservazione degli effetti degli atti autorizzati dal tribunale anche in caso di accesso ad una delle procedure regolamentate dalla Legge Fallimentare;
  4. l’esenzione da revocatoria fallimentare, inefficacia, bancarotta fraudolenta preferenziale e bancarotta semplice per atti, pagamenti e garanzie compiuti successivamente all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, se coerenti con le prospettive di risanamento, e/o autorizzati dal Tribunale.
Le modifiche alla legge fallimentare in materia di concordato e accordi di ristrutturazione

Infine, l’articolo 20 del Decreto prevede talune modifiche alla legge fallimentare in vigore a partire dal 25 agosto 2021. Le modifiche riguardano sia il concordato preventivo, sia gli accordi di ristrutturazione.

Per quanto concerne il concordato, sono stati modificate le seguenti disposizioni:

  1. art. 180, quarto comma (Giudizio di omologazione), con il quale viene prevista la possibilità per l’imprenditore di ottenere l’omologa del piano di concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria;
  2. art. 182-quinquies, quinto comma (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti - pagamento dei debiti anteriori), a norma del quale, in pendenza di un concordato preventivo in continuità aziendale, il tribunale può autorizzare il pagamento delle retribuzioni dovute ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione per le mensilità antecedenti al deposito del ricorso, ancorché costituiscano debiti anteriori il cui pagamento sarebbe di norma vietato in ossequio al principio della par condicio;
  3. art. 182-quinquies, sesto comma (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti - pagamento dei debiti anteriori), il quale, sempre nell’ambito del concordato in continuità, prevede per l’imprenditore la possibilità di continuare a rimborsare le rate del mutuo (che costituiscono anch’esse, a tutti gli effetti, debiti anteriori il cui pagamento è di norma vietato in ossequio al principio della par condicio) anche successivamente al deposito della domanda di concordato o di pre-concordato. Anche tale disposizione consente, dunque, al debitore di derogare al divieto di pagamento di debiti anteriori all’apertura della procedura concorsuale, purché:
    1. il mutuo sia assistito da garanzia reale su beni strumentali dell’impresa;
    2. non vi siano insoluti alla data di apertura della procedura ovvero, laddove ve ne siano, il tribunale abbia comunque autorizzato il pagamento dello scaduto per capitali e interessi; e
    3. l’asseveratore abbia attestato, da un lato, che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e, dall’altro, che “il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori” (locuzione, questa, la cui interpretazione ed applicazione oggettiva risulta alquanto difficile, salvo limitarsi ad attribuire ad essa il medesimo significato riconducibile alla valutazione di mercato del bene oggetto di ipoteca, tale per cui, se il bene ipotecato ha valore almeno pari al debito garantito, il pagamento del creditore ipotecario non lede i diritti degli altri creditori); e
  4. l’art. 186-bis, secondo comma (Concordato in continuità aziendale), ai sensi del quale viene esteso da uno a due anni il termine moratorio per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca.

Con riferimento, invece, gli accordi di ristrutturazione, il Decreto è intervenuto sulle seguenti norme:

  1. art. 182-bis, quarto comma (Accordi di ristrutturazione dei debiti - cram down), con cui, nel contesto della transazione fiscale-contributiva, viene stabilito il termine massimo entro il quale l’amministrazione finanziaria e gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie sono tenute a comunicare - a pena di omologazione “forzosa” - la loro (eventuale) adesione all’AdR: tale termine viene fissato in novanta giorni dal deposito della “proposta di soddisfacimento”; occorrerà, quindi, da parte del debitore, una vera e propria manifestazione formale di “proposta di soddisfacimento” da indirizzare agli enti (verosimilmente mediante notifica o deposito della proposta di accordo presso i competenti uffici);
  2. art. 182-bis, ottavo comma (Accordi di ristruttuazione dei debiti - modifiche al piano di risanamento), con il quale viene consentito il rinnovo dell’attestazione nelle ipotesi in cui intervengano modifiche sostanziali del piano (non più solo dopo l’omologazione ma anche) prima dell’omologazione, ferma restando la necessità per l’imprenditore di ottenere un nuovo assenso da parte dei creditori aderenti;
  3. art. 182-decies (Coobbligati e soci illimitatamente responsabili), con il quale si prevede la possibilità di applicare ai creditori aderenti ad accordi di ristrutturazione l’istituto della remissione previsto per la fideiussione (i.e. la remissione accordata al debitore principale libera i fideiussori, mentre la remissione del debito accordata a uno dei fideiussori non libera gli altri - se non per la parte del fideiussore liberato - salvo consenso alla liberazione). Nel caso in cui l’efficacia degli accordi sia estesa ai creditori non aderenti, costoro conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso.

Inoltre, sempre con riguardo agli accordi di ristrutturazione, sono state introdotte nuove misure che anticipano - in versione rivista e commisurati all’urgenza attuale - taluni degli strumenti che entreranno in vigore con il CCII.

Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa

Il Decreto Pagni ha integralmente sostituito l’art. 182-septies (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa): la precedente disposizione, che consentiva al debitore di estendere alla minoranza di creditori bancari e finanziari non aderenti all’accordo gli effetti dell’AdR raggiunto con la maggioranza di essi, è stata sostituita da una norma che applica lo stesso principio – i.e. l’imposizione della volontà della maggioranza qualificata sulla minoranza – a tutte le tipologie di creditori, non solo quelle bancarie.

È previsto espressamente, infatti, che - previa suddivisione dei creditori in categorie - gli effetti dell’AdR possano essere estesi, per effetto della pronuncia del tribunale chiamato ad omologare l’AdR, anche ai creditori non aderenti, a condizione che sussistano i seguenti requisiti:

  1. tutti i creditori della categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative volte al risanamento e messi in condizione di parteciparvi in buona fede, ricevendo complete informazioni sulla situazione dell’impresa in crisi, sull’accordo ed i relativi effetti;
  2. l’accordo preveda la prosecuzione dell’attività d'impresa (salvo che i creditori nei confronti dei quali sia richiesta l’estensione dell’efficacia dell’AdR siano solamente banche o intermediari finanziari, nel qual caso l’accordo può anche prevedere la liquidazione della società);
  3. i crediti degli aderenti rappresentino almeno il 75% della categoria (la percentuale scende al 60% laddove l’imprenditore addivenga all’accordo all’esito della nuova CNC e l’esperto ne abbia dato atto nella relazione finale); e
  4. i creditori non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell'accordo possano risultare soddisfatti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili (invece che - com’era
  5. precedentemente previsto - al solo trattamento previsto in sede di liquidazione fallimentare); eil debitore abbia notificato a tutti i creditori non aderenti l’accordo, il ricorso per l’omologa e tutti i documenti allegati.

Ricorrendo i presupposti di cui sopra, gli effetti dell’AdR potranno investire anche i creditori non aderenti, rappresentanti il 25% o meno dei crediti inclusi in quella determinata categoria.

Rimane, invece, l’espresso divieto (già previsto nella versione previgente dell’art. 182-septies) che, in ragione della estensione dell’efficacia dell’AdR, possano essere imposte ai creditori non aderenti l’effettuazione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti ed il mantenimento di affidamenti in essere, nonché l’erogazione di nuovi finanziamenti.

Convenzione di moratoria

L’art. 182-octies (Convenzione di moratoria) attribuisce, ora, all’istituto della convenzione di moratoria una disciplina autonoma, parzialmente modificata rispetto alla versione precedentemente contenuta nel vecchio art. 182-septies.

La norma definisce come tale la convenzione conclusa tra un imprenditore, anche non commerciale, e i suoi creditori (di ogni tipo: viene meno, come per il nuovo art. 182-septies, la precedente limitazione ai creditori bancari e finanziari) diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi e avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative, nonché ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito.

Il nucleo della previsione normativa è rappresentato dalla possibilità che – analogamente a quanto può avvenire per gli AdR, al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 182-septies – anche la convenzione di moratoria possa essere efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria. A tal fine, occorre che:

  1. tutti i creditori della categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative e messi in condizione di parteciparvi in buona fede;
  2. la convenzione sia raggiunta con creditori rappresentanti almeno il 75% dei crediti della categoria;
  3. i creditori non aderenti subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell’insolvenza in concreto perseguite (espressione fin troppo generica, che potrebbe prestarsi a variegate interpretazioni ed applicazioni); e
  4. un professionista indipendente attesti la veridicità dei dati e l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, nonché la “coerenza” del pregiudizio imposto ai creditori non aderenti, come sopra definito.

Resta salva la possibilità, per i creditori non aderenti, di sollevare opposizione innanzi al tribunale per censurare eventuali profili di illegittimità della convenzione. Vale la pena di evidenziare come – in mancanza di opposizione dei creditori avanti all’autorità giudiziaria – non vi sia alcun “controllo” da parte del tribunale, e la convenzione di moratoria si possa (e si debba) ritenere efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti, senza che sia necessario alcun preventivo vaglio, né omologa, di tipo giudiziale.

Accordi agevolati

Infine, con il nuovo art. 182-novies (Accordi di ristrutturazione agevolati), il Decreto ha introdotto gli “Accordi di ristrutturazione agevolati”: l’agevolazione consiste nella possibilità di fare ricorso allo strumento dell’AdR anche nel caso in cui il debitore abbia raggiunto accordi con creditori rappresentanti solamente il 30% (anziché il 60%, come precedentemente stabilito) dei crediti complessivi, a condizione che il debitore:

  1. rinunci alla moratoria del termine di 120 giorni per il pagamento dei creditori estranei e, quindi, i debiti nei confronti di quest’ultimi siano pagati all’omologa (se già scaduti) o alla scadenza contrattuale (se non ancora scaduti);
  2. non abbia presentato ricorso per concordato “in bianco”; e
  3. non abbia richiesto la sospensione delle azioni cautelari o esecutive prima della formalizzazione dell’accordo di ristrutturazione.
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