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Il tribunale di Lecce interviene a "gamba tesa" sui poteri dell'agente nei finanziamenti in pool

Data: 8 October 2021
Allerta Ristrutturazioni e Insolvenze, Banche e Finanza Patrimoniale Italian

Le clausole standard dei finanziamenti in pool sono tipicamente mirate a consentire un efficiente funzionamento in fase di erogazione e durante la gestione del rapporto in bonis con il cliente. Esse rischiano però di andare in crisi in situazioni distressed, in particolare nel caso di procedure concorsuali o quando si avviano iniziative di recupero coattivo.  Il Tribunale di Lecce, investito di un caso nell’ambito di una procedura esecutiva, ha statuito di recente un principio che, al di là della valutazione tecnica, impone alcune cautele agli operatori del settore.

È noto che, nell’ambito dei predetti finanziamenti, a fronte di una pluralità di finanziatori indicati nel contratto, vi è un soggetto detto “banca agente” o “capofila” che, in forza di mandato, provvede, raccolta la provvista dalle altre banche del pool, ad erogare l’intero finanziamento al borrower. Inoltre, la banca agente è solitamente investita anche dell’incasso dei pagamenti ed in generale del coordinamento dei rapporti tra il finanziato e le banche finanziatrici e, spesso, dell’amministrazione delle eventuali garanzie (salva la presenza di un separato “security agent”).  Il mandato all’agente è disciplinato da uno specifico accordo contenuto all’interno del contratto di finanziamento o talvolta di una separata “convenzione interbancaria”.

Nel caso in cui i finanziatori si trovino nella necessità di avviare azioni esecutive o debbano fronteggiare una procedura concorsuale, sono sorti alcuni dubbi tra gli operatori, in riferimento alla legittimità per la capofila di agire nei confronti del debitore nell’interesse dell’intero pool di finanziatori.

Sul tema si è recentemente espresso il Tribunale di Lecce che, con l’ordinanza 30 giugno 2021, ha stabilito che, nel caso in cui sia stato accordato alla capofila lo specifico incarico di amministrare il finanziamento e di esercitare i diritti del pool, tutti gli altri istituti di credito non siano legittimati ad agire per il recupero del loro credito dinanzi al giudice dell’esecuzione.

In particolare, il giudizio incardinato presso il Tribunale di Lecce riguardava un’espropriazione immobiliare avanzata nei confronti di una società proprietaria di un bene immobile concesso in godimento a un terzo; nell’ambito del giudizio successivo all’opposizione di terzo ex art. 619  c.p.c., che veniva rigettata dal Tribunale, quest’ultimo accoglieva la domanda formulata dal debitore esecutato in merito alla carenza di legittimazione attiva di talune banche finanziatrici di un finanziamento in pool, intervenute nel pignoramento. 

Il Tribunale, infatti, pur muovendo dal principio generale (già confermato ed espresso dalla Corte di Cassazione in un caso analogo con una sentenza del 2019) secondo cui affinché sussista solidarietà attiva è necessario che la stessa sia sancita in apposito accordo negoziale, ha statuito che il pool dei finanziatori è da ritenersi un’organizzazione assimilabile a quella dei consorzi con attività interna (artt. 2602 e 2608 c.c.); di conseguenza, la capofila agisce, a norma degli artt. 1710 c.c. e seguenti, in forza di un mandato di tipo speciale, collettivo e in rem propriam in quanto, nella convenzione interbancaria, una pluralità di soggetti indica non solo uno specifico affare alla cui persecuzione il mandatario prende parte, ma anche i poteri conferiti alla capofila e la loro durata.  

In sostanza, secondo il Tribunale, i poteri della banca agente sono tali che, di fatto, comportano una “rinuncia”, da parte delle banche mandanti, del potere di avviare e/o coltivare direttamente un’azione di recupero nei confronti del debitore, azione che viene svolta direttamente dal solo agente per conto di tutti i finanziatori.

Il punto, apparentemente banale, può comportare in realtà alcune conseguenze di rilievo sull’operatività bancaria. Infatti, in caso di posizioni “non-performing” (soprattutto nei casi di finanziamenti unsecured o con presenza di una pluralità di garanzie pari passu tra le banche finanziatrici, come ad esempio più ipoteche in pari grado a favore di ogni creditore) accade spesso che le banche, dopo il trasferimento della pratica agli uffici interni di workout, agiscano individualmente, con le iniziative esecutive, cautelari o concorsuali ritenute opportune, e non tramite l’originaria banca agente, né tantomeno in consultazione con gli altri finanziatori. In molti casi, l’esercizio di un’azione “collettiva” per il tramite della banca agente non costituisce una strategia gradita dalle banche, anche perché solitamente vincola contrattualmente i partecipanti alle decisioni della maggioranza del pool.

Il principio enunciato dal Tribunale di Lecce comporta, viceversa, la necessità per ogni banca del pool di transitare attraverso la banca agente, quale mandataria e “gestore” delle azioni verso il finanziato.

Non è dato sapere quale fosse il contenuto concreto delle previsioni contrattuali in tema di banca agente esaminate dal Tribunale; purtuttavia, è il caso di chiedersi se sia opportuno, una integrazione delle previsioni standard dei finanziamenti in pool, al fine di esplicitare in maniera inequivocabile, laddove sia dubbio, la facoltà di ciascun lender di recedere individualmente dall’accordo di pool (i.e. di revocare il mandato all’agente), in presenza di determinati fenomeni collegati, ad esempio, all’apertura di procedure concorsuali del debitore o in presenza di un default del debitore cui faccia seguito la richiesta di rimborso anticipato del finanziamento. 
In ogni caso, riveste centrale importanza la corretta e precisa declinazione delle clausole che regolano il mandato all’agente ed una loro attenta valutazione, quale condizione preliminare all’esercizio di ogni azione individuale da parte del creditore.

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