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Il Codice della Crisi d'Impresa entra in vigore con le modifiche "last minute" del decreto attuativo della "Direttiva Insolvency"

Data: 18 luglio 2022
Italian Banking and Asset Finance, Litigation, and Restructuring Alert

1.    Premessa

In data 1 luglio 2022 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 152 il decreto legislativo ”Modifiche al Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri  di  ristrutturazione  preventiva,  l'esdebitazione  e  le  interdizioni,  e  le  misure  volte  ad  aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 (c.d. Direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza)” (il “Decreto”). Il testo del Decreto ha avuto un cammino lungo, essendo stato oggetto il 17 marzo 2022 di una deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, seguita dalle consultazioni di rito con il Consiglio di Stato e le competenti commissioni della Camera e del Senato.  Il Decreto è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2022 e pubblicato, appunto il 1 luglio nella Gazzetta Ufficiale; il Decreto è entrato in vigore il 15 luglio 2022, contestualmente all’entrata in vigore del Decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza) (il “CCII”).

Le misure previste dal Decreto riguardano, tra l’altro: (i) l’adeguamento del testo attuale del CCII ai dettami della Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. “Direttiva Insolvency”) (la “Direttiva”), il cui termine di recepimento per l’Italia era fissato entro il 17 luglio 2022; (ii) la definizione degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili di cui all’articolo 2086 cod. civ.; (iii) l’arricchimento della disciplina della composizione negoziata della crisi (la “CNC”); (iv) l’introduzione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (il “PRO”); e (v) la disciplina del concordato preventivo.

Nel presente documento ci soffermeremo sui principali aspetti delle modifiche introdotte dal Decreto sui suddetti argomenti 

2.    Le modifiche del Codice della Crisi e dell’Insolvenza — Disposizioni e principi generali

Le principali novità introdotte nel CCII in materia di disposizioni generali hanno ad oggetto:

  • (i)    la modifica della nozione di “crisi”, in relazione alla quale si registra la rimozione del riferimento allo “squilibrio economico-finanziario” e l’inserimento di un paradigma temporale: in particolare, la “crisi” viene ora definita come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi” (Articolo 1, primo comma, lett. a), Decreto, che modifica l’articolo 2, primo comma, lett. a), CCII); la quantificazione puntuale del termine costituisce un’applicazione del termine minimo di continuità previsto dai principi contabili internazionali, secondo i quali, la prospettiva di continuità aziendale deve essere valutate in un orizzonte relativo ad almeno, ma non limitato a, dodici mesi dopo la data di chiusura dell’esercizio; di fatto, il legislatore identifica la crisi con l’insostenibilità del debito in un orizzonte temporale di dodici mesi
  • (ii)    la previsione di una nuova definizione di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”; tale definizione raggruppa tutte le misure, accordi o procedure destinati al risanamento o alla liquidazione dell’impresa (articolo 1, primo comma, lettera d) del Decreto);
  • (iii)    l’espressa previsione — in linea con i precetti della Direttiva Insolvency rispetto alla tutela dei lavoratori — dell’obbligo di consultazione sindacale preventiva per il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti e che intenda avviare un percorso di risanamento nell’ambito di un quadro di ristrutturazione preventiva (Articolo 2, secondo comma, Decreto, che modifica l’articolo 4, quarto comma, CCII); va detto che la norma si applica solo ove non siano già previste, dalla legge o dai contratti collettivi, diverse procedure di informazione e consultazione. Tale previsione, mutuata da quella già recentemente introdotta nell’ambito della CNC ex articolo 4, ottavo comma, del Decreto Pagni, si discosta dalla Direttiva Insolvency e dalla richiamata Direttiva 2002/14/CE, introducendo l’obbligo di consultazione sindacale preventiva per aziende che impiegano un numero di dipendenti in misura considerevolmente inferiore rispetto ai requisiti dimensionali previsti alle citate direttive europee (applicabili a imprese che impiegano in uno Stato membro almeno 50 dipendenti e a stabilimenti che impiegano in uno Stato membro almeno 20 dipendenti), nel probabile tentativo, in attuazione del principio del favor prestatoris, di uniformare tale nuova procedura di consultazione a quanto già previsto in tema di trasferimento di azienda, di cui all’articolo 47 Legge n. 428/1990, richiamato dalla stessa disposizione in esame.
  • (iv)    la nuova disciplina in materia di accesso alle informazioni e alla lista di controllo particolareggiata (c.d. “checklist”): in una sezione dedicata alla crisi d’impresa, nei siti internet del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico, verranno pubblicate informazioni pertinenti e aggiornate sugli strumenti per l’anticipata emersione della crisi, sugli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e sulle procedure di esdebitazione; verrà, poi, resa disponibile una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, contenente indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento. La previsione fornisce agli imprenditori strumenti che gli consentano di rilevare i segnali di allarme (di cui infra, paragrafo 3) il più tempestivamente possibile e, dunque, di fronteggiare la situazione in una fase in cui la sostenibilità economica dell’impresa non è ancora compromessa (Articolo 3 Decreto, che introduce l’articolo 5-bis CCII).

3.    La nuova definizione degli adeguati assetti amministrativi, organizzativi e contabili

Occorre, altresì, segnalare la modifica della definizione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili originariamente contenuta nel CCII. Secondo quanto previsto dall’articolo 3, CCII, prima delle modifiche del Decreto, l’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente la crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte. L’imprenditore collettivo (in buona sostanza, le società) deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art. 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di “idonee iniziative”. 

Il Decreto, da un lato, è intervenuto specificando nell’articolo 3 che l’imprenditore collettivo deve adottare un adeguato assetto non solo organizzativo, ma anche amministrativo e contabile. Si può dire, in altri termini, che viene codificata la necessità di una struttura di contabilità, finanza e controllo.

Inoltre, il Decreto fissa le finalità delle misure ed i criteri degli assetti; le misure e gli assetti, ai fini della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, s’intendono rispettivamente “idonee” ed “adeguati” se consentono di: 

  • (i)    rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  • (ii)    verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4 (di cui infra); e
  • (iii)    ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, ai sensi del nuovo articolo 13, secondo comma, CCII.

Va notato che il secondo criterio discende anche dalla nuova definizione di “crisi”. In generale, emerge la chiara finalità che gli assetti voluti dalla legge obblighino principalmente l’impresa a verificare il DSCR, constatando l’eventuale presenza di eccesso di indebitamento o scarsità di flussi finanziari al servizio del debito. 

Per effetto delle rettifiche apportate dal Decreto, ai sensi dell’articolo 3, quarto comma, CCII, costituiscono segnali:

  • (a)    l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • (b)    l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • (c)    l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma, purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  • (d)    l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco, dell’INAIL e dell’INPS nelle soglie previste dal nuovo articolo 25-novies, primo comma, CCII.1

4.    Le modifiche della CNC — Articolo 6

L’Articolo 6 del Decreto ha novellato la disciplina della CNC, originariamente delineata dal decreto legge 24 agosto 2021, n. 118 (il “Decreto Pagni”) e l’ha, così, trasposta all’interno del corpus del CCII. L’entrata in vigore della nuova CNC coincide con il definitivo accantonamento delle “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”, previste nell’impianto originario del Codice, ritenute dagli operatori una misura inidonea a rispondere alle mutevoli esigenze del mercato — così come drammaticamente rimodellate per effetto dell’attuale congiuntura economica — ed incapace di coesistere con i molteplici e più recenti strumenti di risanamento. 

La scelta del Legislatore è stata quella di disciplinare una procedura a cui possono accedere anche gli imprenditori il cui stato di “crisi” o di “insolvenza” non sia ancora “attuale” e, considerata anche l’assenza di limiti dimensionali all’accesso, tale procedura potrebbe, invero, meglio assicurare quella necessaria gradualità nella gestione del dissesto che è richiesta dal contesto congiunturale corrente. Il Decreto ha delineato, inoltre, una procedura basata sulle caratteristiche della volontarietà e della degiurisdizionalizzazione, che permette il raggiungimento di un accordo tra debitore e creditori all’interno di un contesto negoziale.

Il Legislatore ha deciso, con il Decreto in commento, di (i) rafforzare gli strumenti operativi predisposti per lo svolgimento della procedura e (ii) razionalizzare gli istituti, anche tenendo conto del dibattito sviluppatosi nei primi mesi di applicazione delle norme. Tra i correttivi apportati dal Decreto al CCII, è opportuno segnalare:

  • (i)    la possibilità per l’imprenditore di integrare l’istanza di accesso alla CNC quando questa sia stata ritenuta incompleta dal segretario generale entro un termine di 30 giorni, nonché la possibilità di presentare una nuova istanza, decorso il predetto termine, qualora non sia stato possibile procedere con l’integrazione nel termine (nuovo articolo 13, settimo comma CCII);
  • (ii)    l’interoperabilità tra la piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata e altre banche dati quali quella dell’Agenzia delle entrate, dell’INPS, dell’INAIL e dell’Agenzia per la riscossione, per permettere un facile accesso ai dati in possesso delle citate amministrazioni all’esperto incaricato della procedura (nuovo articolo 14 CCII);
  • (iii)    la possibilità per i creditori di accedere alla piattaforma telematica nazionale per ivi inserire informazioni sulla loro posizione creditoria e dati eventualmente richiesti dall’esperto incaricato ovvero accedere ai documenti e alle informazioni presentate dall’imprenditore, previo consenso dell’imprenditore stesso e facilitare così lo scambio di dati e informazioni tra creditori e imprenditore e di conseguenza l’esito positivo della procedura (nuovo articolo 15 CCII); 
  • (iv)    l’obbligo dell’imprenditore che deposita istanza di accesso alla procedura di presentare subito, tra gli altri documenti, anche un progetto di piano di risanamento, al fine di velocizzare l’iter negoziale (nuovo articolo 17, terzo comma, lett. b), CCII);
  • (v)    la possibilità per l’imprenditore di accedere una seconda volta alla procedura di CNC dopo soli quattro mesi dall’archiviazione della prima istanza (invece dei canonici dodici mesi), quando sia lo stesso imprenditore a richiedere detta archiviazione non oltre due mesi dall’accettazione dell’esperto del primo incarico (nuovo articolo 17, nono comma CCII);
  • (vi)    l’elisione del riferimento alla pandemia Covid-19 come causa dell’eccessiva onerosità nel caso di richiesta di rideterminazione del contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, deciso in seguito al venir meno dello stato di emergenza (articolo 10, secondo comma, D.L. 118/2021, non trasfuso nel nuovo articolo 22, secondo comma CCII);
  • (vii)    l’impossibilità di accedere alla CNC in pendenza di un procedimento per l’accesso al concordato preventivo (anche in caso di concordato c.d. “minore” ex articolo 74 CCII) e al giudizio per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione; la preclusione si applica anche se l’imprenditore ha rinunciato, nei quattro mesi precedenti l’istanza, alle domande di cui sopra (nuovo articolo 25-quinquies CCII);
  • (viii)    l’istituzione, sulla piattaforma telematica nazionale, di un software gratuito che dovrebbe consentire agli interessati, da un lato, di verificare la sostenibilità del debito esistente, permettendo così di valutare la complessità dell’attività di “debt restructuring” (e, dunque, la ragionevole perseguibilità del risanamento) e, dall’altro — previa conferma della sostenibilità del debito — di elaborare un piano di rateizzazione automatico, purché l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non sia superiore ad Euro 30.000. L’imprenditore comunica la rateizzazione ai creditori interessati avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione, il piano si intenderà approvato e verrà eseguito secondo le modalità e i tempi ivi indicati. Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali. (nuovo articolo 25-undecies CCII);
  • (ix)    la limitazione della durata delle misure protettive sul patrimonio dell’impresa a quattro mesi (prorogabile solo qualora siano stati compiuti significativi progressi nelle trattative sul piano di ristrutturazione e sempre che la proroga non arrechi ingiusto pregiudizio ai diritti e agli interessi delle parti interessate). In ogni caso, l’efficacia delle misure protettive non può durare oltre la data di omologazione del quadro di ristrutturazione o di apertura della procedura di insolvenza (nuovi articoli 8 e 55 CCII). I crediti vantati dai lavoratori restano fuori dal raggio applicativo delle misure protettive.

Viene, invece, confermata la disciplina in materia di segnalazione interna (articolo 25-octies CCII) ed esterna (con l’aggiunta — tra i creditori pubblici qualificati — dell’INAIL) (articolo 25-novies CCII).

5.    Il nuovo piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO) — Articolo 16

Tra le novità più significative proposte dal Decreto si annovera, inoltre, l’introduzione, nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi disciplinati nel Titolo IV, Parte Prima, CCII, la figura del “piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione” (PRO) (Articolo 16 del Decreto, che introduce gli articoli 64-bis, 64-ter e 64-quater del CCII). L’istituto, per molti versi assimilabile al concordato preventivo, se ne discosta per taluni aspetti di rilievo, tra i quali:

  • (i)    l’obbligatorietà della suddivisione in classi;2
  • (ii)    l’approvazione da parte della maggioranza dei crediti ammessi al voto in tutte le classi ai fini dell’omologazione;3
  • (iii)    la possibilità di derogare all’ordine delle cause legittime di prelazione (articolo 2741 cod. civ.) in sede di distribuzione delle somme;
  • (iv)    l’obbligo di pagamento dei lavoratori dipendenti entro 30 giorni dall’omologazione;
  • (v)    mantenimento della gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale,nel prevalente interesse dei creditori”. 

La domanda per accedere allo strumento deve essere presentata al tribunale competente tramite ricorso nelle forme della procedura unificata dettata dall’articolo 40 del CCII. 

In via analoga a quanto previsto nell’ambito della CNC, il giudizio del tribunale ha ad oggetto — in punto di ammissibilità del piano — la ritualità della proposta e la correttezza dei criteri di formazione delle classi. Più in generale, l’intero procedimento che si snoda dal PRO riflette il modello ideato per la CNC, seguendo, in quanto compatibili, le norme procedurali tipiche del concordato preventivo. 

Il principale elemento di novità dello strumento - che va ulteriormente ad arricchire la cassetta degli attrezzi a disposizione delle imprese in difficoltà - pare risiedere nella maggiore libertà offerta al debitore all’interno della formulazione del piano, consistente, in particolare, nella possibilità di derogare - secondo certi limiti - ai principi di par condicio creditorum fissati dall’articolo 2741 del codice civile.

Infatti, a fronte dell’innalzamento del livello di consenso da ottenere da parte del ceto creditorio (come detto, voto favorevole di tutte le classi) viene attribuito al debitore un più ampio spazio di manovra per la composizione del piano in soddisfazione dei creditori. 

A conclusione della disciplina, nell’ipotesi in cui non sia raggiunta l’approvazione secondo le maggioranze qualificate sopra descritte, l’articolo 64-quater del CCII attribuisce al debitore la facoltà di modificare la domanda, formulando la proposta di concordato; in tal caso, i termini per l’approvazione della proposta sono dimezzati.  Non è da escludere che questa pratica “valvola di sfogo” possa stimolare il debitore a fare (inizialmente) ricorso al PRO, nell’auspicio di spuntare condizioni più favorevoli rispetto a quelle proponibili all’interno di una proposta di concordato, riservandosi di percorrere la strada del concordato in un secondo momento. 

6.    Le modifiche alla disciplina del concordato — Articolo 19

Il Decreto ha apportato sostanziali modifiche anche alla disciplina dei concordati originariamente delineata nel d.lgs 12 gennaio 2019, n. 14. Con l’ultimo intervenuto, in particolare, il Legislatore ha divaricato in maniera più profonda la disciplina del concordato con continuità aziendale rispetto a quella del concordato liquidatorio in relazione a (i) le modalità di accesso, (ii) i requisiti di ammissione (iii) la disciplina funzionale all’esecuzione del piano, (iv) le regole di approvazione nonché (v) le regole di distribuzione del valore. Dalle modifiche apportate e dalla disciplina considerata nella sua interezza emerge l’interesse del Legislatore nazionale ad implementare soprattutto il concordato in continuità aziendale; tale interesse risponde all’esigenza — manifestata dal Legislatore comunitario nella Direttiva Insolvency — di consentire ai debitori in difficoltà finanziarie di continuare a operare (Considerando n. 2 della Direttiva Insolvency), anche mediante la vendita di attività o parti dell’impresa, al fine di risanare l’impresa o, quanto meno, salvarne le unità ancora “sane” (Considerando n. 4 della Direttiva Insolvency).

I rilievi più sostanziali concernono, in particolare la disciplina del concordato in continuità, rispetto alla quale si prevede:

  • (i)    l’obbligo di soddisfare i creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale mediante la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma (nuovo articolo 84, primo comma CCII);
  • (ii)    la scomparsa del criterio della “prevalenza” della soddisfazione dei creditori “dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta” come condizione di ammissibilità al concordato. La nuova formulazione “i creditori vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta” rende di fatto più facile l’accesso alla procedura concordataria, potendo la soddisfazione minima dei creditori essere realizzata anche con risorse diverse da quelle realizzate tramite la prosecuzione dell’attività economica svolta ossia con risorse “esterne”5 (nuovo articolo 84, terzo comma CCII);
  • (iii)    che la continuità aziendale debba essere funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario nell’interesse prioritario dei creditori, rispetto a quello imprenditoriale o sociale. La nuova disciplina stabilisce anche che: “la continuità aziendale […] preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro”, in linea con i principi comunitari sanciti dalla Direttiva Insolvency (cfr. sul punto, Considerando n. 3 della Direttiva) (nuovo articolo 84, secondo comma CCII).
  • (iv)    l’obbligatorietà della formazione delle classi anche per i creditori privilegiati, con la sola eccezione di quelli che vengono pagati: (a) in misura integrale; (b) in denaro e (c) entro 180 giorni dall’omologazione (30 giorni nel caso di crediti da lavoro subordinato), sempre che la garanzia che assiste il credito ipotecario o pignoratizio venga mantenuta fino alla liquidazione del bene o del diritto sul quale sussiste la causa di prelazione (articolo 85 CCII). Ove non ricorrano le predette condizioni in via cumulativa, i creditori privilegiati devono essere collocati in classi separate, ancorché pagati per intero, e hanno diritto di voto per l’intero credito. In caso di pagamento parziale per incapienza con pagamento della parte coperta dalla garanzia a condizioni diverse da quelle sopra indicate, essi vanno inseriti in classi distinte (privilegiata e chirografaria) ed eserciteranno il diritto di voto in entrambe;
  • (v)    la cancellazione del termine biennale massimo di moratoria per il pagamento dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, così da concedere più flessibilità al debitore particolarmente nei casi in cui il passivo sia composto da un monte crediti privilegiato imponente (articolo 86 CCII);
  • (vi)    l’inserimento — tra gli elementi obbligatori della proposta di concordato — dell’indicazione espressa delle parti interessate e non interessate dal piano, individualmente o per categorie di debiti (articolo 87, lett. l), m) e n), CCII). Alla domanda devono essere allegate anche le ragioni per cui si ritiene che la proposta concordataria sia preferibile rispetto ad una eventuale liquidazione giudiziale (articolo 87, terzo comma CCII). In questo modo si permette la comprensione della difficoltà del percorso di risanamento già con la presentazione della domanda;
  • (vii)    il supporto, quando richiesto o in caso di concessione di misure protettive, del commissario giudiziale al debitore e ai creditori nella negoziazione del piano, per garantire una maggior assistenza al debitore e un aumento, in termini di probabilità, del buon esito della procedura (articolo 92 CCII);
  • (viii)    una disposizione ad hoc - attuativa dell’articolo 7, paragrafi 4 e 5 della Direttiva - che codifica il divieto delle c.d. “clausole ipso facto”, sancendo il divieto per i creditori di rifiutare l’esecuzione ovvero di risolvere i contratti pendenti, o di anticipare la loro scadenza ovvero modificarli, in relazione a inadempimenti del debitore avvenuti anteriormente alla domanda di concordato (nuovo articolo 94-bis CCII);
  • (ix)    la riduzione del vaglio di ammissibilità della proposta da parte del tribunale alla mera verifica della regolarità della procedura e della corretta formazione delle classi (articolo 112, primo comma CCII);
  • (x)    l’obbligatorietà del consenso unanime delle classi ai fini dell’approvazione della proposta e del piano (articolo 109 CCII). La classe è consenziente se vota favorevolmente la maggioranza dei crediti nella stessa rappresentati; in mancanza, è ritenuta consenziente anche la classe nella quale hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti votanti, purché abbia votato almeno la metà dei crediti della classe6 (articolo 112, secondo comma CCII);
  • (xi)    la regola per cui il concordato può essere omologato ogniqualvolta, secondo la proposta e il piano, il credito risulti soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale, anche quando un creditore dissenziente eccepisca il difetto di convenienza della proposta (articolo 112, terzo comma, CCII). Tale previsione fa trapelare il favor legislativo per le procedure concordatarie rispetto alle procedure meramente liquidatorie del patrimonio del debitore quale la liquidazione giudiziale; 
  • (xii)    l’introduzione del termine annuale (decorrente dalla presentazione della domanda di un quadro di ristrutturazione preventiva) per l’omologazione (articolo 113 CCII). Tale previsione si pone in linea con uno dei principali obiettivi della Direttiva Insolvency, secondo la quale il decorso del tempo incrementa le perdite di valore dell’impresa e, dunque, la riduzione della durata delle procedure di risanamento potrebbe determinare un aumento dei tassi di recovery per i creditori;7
  • (xiii)    la sospensione del diritto di recesso dei soci fino all’attuazione del piano quando esso preveda il compimento, durante la procedura oppure dopo la sua omologazione, di operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice (articolo 116 CCII).

Per quanto attiene alla disciplina del concordato con liquidazione dei beni, il Decreto dispone: 

  • (i)    che il piano concordatario preveda un apporto di risorse esterne (definite come risorse “apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione”) idonee ad incrementare la soddisfazione dei creditori di almeno il 10% dell’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda (nuovo articolo 84 quarto comma CCII);
  • (ii)    la possibilità per l’imprenditore che accede al concordato di distribuire le stesse risorse esterne - in deroga agli articoli 2740 e 2741 Codice Civile - purché i creditori (chirografari o privilegiati e degradati al rango di chirografari) vengano soddisfatti in misura non inferiore al 20% (nuovo articolo 84, quarto comma CCII);

Viene, inoltre, stabilito, in sede di ripartizione del ricavato ai creditori, un doppio criterio distributivo:

  • (a)    in ipotesi di concordato liquidatorio e con riguardo al valore di liquidazione dell’impresa, la distribuzione dovrà avvenire sulla base del criterio della priorità assoluta (c.d. APR): le somme vengono distribuite nel rispetto delle cause legittime di prelazione; dunque, il creditore di rango poziore non verrà soddisfatto se non vi è stata la preventiva e piena soddisfazione del credito di grado superiore);
  • (b)    in ipotesi di concordato in continuità e con riguardo al valore generato dalla prosecuzione dell’attività aziendale, il criterio della priorità relativa (c.d. RPR): ai fini della distribuzione di tali somme, è sufficiente che i crediti di una classe vengano pagati in egual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore.

L’obiettivo della modifica è quello di permettere al tribunale di omologare il concordato anche quando una o più classi siano dissenzienti ma, al contempo, emerga dal piano che il trattamento riservato a ciascuna di tali classi dissenzienti sia almeno pari a quello delle classi dello stesso rango e più favorevole rispetto a quello riservato a classi di rango inferiore.

Quanto precede non vale per i crediti da lavoro subordinato, che devono essere soddisfatti in ogni caso nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, e cioè secondo le regola della priorità assoluta sia sul valore di liquidazione che sul valore di continuità (articolo 84, sesto e settimo comma, CCII).

7.    La disciplina degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza — Articolo 25

La disciplina del concordato viene integrata con l’introduzione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (nuovi articoli 120-bis — 120-quinquies CCII). Questi vengono genericamente definiti come “le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi” (art. 2, lett. m-bis), CCII)

La ratio della normativa risponde all’esigenza di evitare che i soci della società in crisi, che potrebbero non avere più un interesse nella società medesima, ostacolino il percorso di risanamento.

In ragione di quanto sopra, viene disposto che, ai fini del buon esito della ristrutturazione, il piano possa prevedere “qualsiasi modificazione dello statuto della società debitrice, ivi inclusi aumenti e riduzioni di capitale anche con limitazione o esclusione del diritto di opzione e altre modificazioni che incidono direttamente sui diritti di partecipazione dei soci, nonché fusioni, scissioni e trasformazioni” (articolo 120-bis, secondo comma, CCII).

Parimenti, viene stabilito che i soci, pur mantenendo un diritto di informativa sull’avvio e sull’andamento della ristrutturazione, non possano revocare gli amministratori senza giusta causa. A tale riguardo, viene precisato che — in ogni caso — non costituisce giusta causa di revoca la presentazione di una domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza in presenza delle condizioni di legge (articolo 120-bis, quarto comma, CCII). È riservata ai soci detentori di una percentuale rappresentativa del 10% del capitale sociale la facoltà di formulare proposte concorrenti di concordato (articolo 120-bis, quinto comma, CCII).

Il piano può prevedere la formazione di una classe di soci o di più classi se esistono soci ai quali lo statuto, anche a seguito delle modifiche previste dal piano, riconosce diritti diversi. La formazione delle classi è, però, obbligatoria se il piano prevede modificazioni che incidono direttamente sui diritti di partecipazione dei soci e, in ogni caso, per le per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (articolo 120-bis, terzo comma, CCII). 

Qualora il piano preveda attribuzioni ai soci e in caso di dissenso di una o più classi di creditori, ai fini dell’omologazione occorre che il trattamento proposto a ciascuna delle classi dissenzienti sia almeno altrettanto favorevole rispetto a quello proposto alle classi del medesimo rango e più favorevole di quello proposto alle classi di rango inferiore (anche se a tali classi venisse destinato il valore complessivamente riservato ai soci). Se non vi sono classi di creditori di rango pari o inferiore a quella dissenziente, ai fini dell’omologazione è sufficiente che il valore destinato al soddisfacimento dei creditori appartenenti alla classe dissenziente sia superiore a quello complessivamente riservato ai soci (articolo 120-quater, primo comma, CCII).

1 Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate-Riscossione, INAIL ed INPS sono tenute a segnalare all’imprenditore e, ove esistente, all’organo di controllo (nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale), scaduti relativi ai debiti contributivi, assicurativi o fiscali che eccedono determinate soglie stabilite dall’articolo 25-novies del CCII.

2 Giova ricordare che, ai sensi della lett. r) dell’art. 2 del CCII, per “classe di creditori” deve intendersi “l’insieme di creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei”.

In mancanza del quorum ivi rappresentato, la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe (articolo 64-bis, settimo comma, CCII). In attuazione di quanto previsto dal Paragrafo 11, secondo comna, ultimo sotto-paragrafo della Direttiva Insolvency, il PRO introduce una deroga alla regola per cui, ai fini dell’omologazione del piano, non può essere attribuita alcuna soddisfazione alla classe di rango inferiore se quella dissenziente di grado poziore non sia stata pienamente soddisfatta (c.d. “priorità assoluta”, di cui infra, Paragrafo 6). La deroga è legittima nella misura in cui non pregiudichi ingiustamente i diritti o gli interessi delle parti interessare e sia ritenuta necessaria ai fini del conseguimento degli obiettivi del piano.

Per quanto riguarda gli atti di straordinaria amministrazione e l’esecuzione di pagamenti non coerenti con il piano di ristrutturazione, l’imprenditore è tenuto a darne informativa al commissario giudiziale, il quale - se ritiene che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori ovvero non sia coerente con il piano - dovrà segnalare tale circostanza all’imprenditore e all’organo di controllo. Nel caso in cui l’imprenditore dovesse comunque porre in essere l’atto o il pagamento, in difetto di osservanza della segnalazione, ne sarà informato il tribunale anche ai fini di cui all’articolo 106 CCII in merito all’accertamento di atti di frode per i quali può essere interessato il Pubblico Ministero. 

Sono considerate “risorse esterne” tutte le risorse che non siano sia già ricompresa nel patrimonio del debitore al momento della domanda, o che siano da esso ricavabili.

In caso di dissenso, di una o più classi, il debitore può comunque chiedere l’omologazione quando: (i) il valore di liquidazione è stato distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (c.d. “priorità assoluta”, di cui infra); (ii) il valore eccedente quello di liquidazione è stato distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore; (iii) nessun creditore abbia ricevuto più dell’importo del proprio credito; (iv) la proposta è stata approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è stata approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

7 Secondo recenti analisi, le procedure durano in media 10 mesi, calcolata dalla presentazione della domanda all’omologazione (14 nel concordato cd. “in bianco”); i tempi di esecuzione del piano e della manovra finanziaria si aggirano attorno al triennio; la media dei tassi di recupero per i creditori chirografari è del 18% nei concordati preventivi liquidatori, 23% nei concordati in continuità indiretta, 37% nei concordati in continuità diretta (si veda Danovi-Giacomelli-Riva-Rodano, Strumenti negoziali per la soluzione delle crisi d’impresa: il concordato preventivo, in Questioni di Economia e Finanza, n. 430, marzo 2018, disponibile su www.bancaditalia.it). 

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